L’atleta Narcisista.
Non esiste uno sport dove gli atleti mostrano mediamente una maggiore tendenza al narcisismo rispetto ad altri sport. Esiste tuttavia un sentore, non pienamente rilevato dalla ricerca scientifica, che un atleta di alto livello abbia una forte componente narcisistica.
Intuitivamente, dato che la fiducia nei propri mezzi è un ingrediente chiave nel successo di un atleta, maggiore sarà il ‘senso di sè’, minori i dubbi sulle proprie capacità, maggiori saranno le probabilità di avere un atteggiamento ‘vincente’. Il rovescio della medaglia è purtroppo dietro l’angolo: l’atleta narcisista deve raggiungere il risultato a tutti i costi, pena la perdita della propria identità di vincente. Unendo questa urgenza alla mancanza di attenzione alle conseguenze del proprio comportamento, ad ambienti in cui la pressione competitiva è sempre più elevata, si può arrivare a comportamenti altamente scorretti e pericolosi per l’integrità dell’atleta stesso (ad es. il doping).
Ed i ricordi purtroppo corrono: “Oggi non mi batteva neanche Superman”
Il Genitore Narcisista
Si dice che “la squadra migliore sia quella composta da atleti orfani”. Tale affermazione, solitamente, mette sempre tutti d’accordo. Com’è possibile che la presenza del genitore sia avvertita piuttosto quale ‘ingerenza genitoriale’, quando invece lo sport, come la scuola, avrebbero bisogno di un’alleanza forte con le famiglie, al fine di poter svolgere il proprio ruolo educativo in maniera più efficace?
La risposta a mio avviso sta anche nella figura del genitore con un elevato grado di narcisismo.
Il genitore narcisista è quello con il cronometro a bordo campo. E’ quello sulle tribune che urla contro l’arbitro o che incita con un ‘ségalo’ il proprio figlio difensore.”
Estremizzando, eccone alcune caratteristiche:
- Giudica il figlio in base ai risultati che ottiene;
- Incita, per quanto sopra, alla competizione sempre e comunque;
- non educa il figlio ad esprimere emozioni, soprattutto quelle negative, quali tristezza e paura (bisogna dimostrare di essere forti, sempre);
- non ascolta le esigenze del figlio che, crescendo, ha sempre più la sensazione di sentirsi come un guscio vuoto.
Triste? Ahimè sì, anche se molto spesso tali caratteristiche non sono così marcate o se non si arriva a dei veri e propri abusi psicologici da parte del genitore.
Il più bel regalo, comunque, che un genitore possa fare ad un figlio è dargli un attaccamento sicuro: essere presente quando necessario, al fine di rendere tranquillo il fanciullo di esplorare il mondo, renderlo sicuro di avere un posto dove tornare ed eventualmente essere consolato. Questo DA SOLO può garantire un senso di fiducia che rimarrà nel tempo.
L’Allenatore Narcisista
L’importanza della figura dell’allenatore nelle categorie giovanili di qualsiasi sport è intuitiva. Dall’allenatore dipende non solo la corretta esecuzione del gesto tecnico, ma anche la performance, la motivazione ed il benessere dell’atleta.
Parliamoci chiaro: dati ISTAT-CONI del 2011 (forse vecchiotti ma ancora attuali) fanno notare come tra i 14 ed i 19 anni smetta di fare sport oltre un terzo dei ragazzi. Il fenomeno è noto con il nome tecnico di ‘dropout’. Cioè abbandono. Chi pensa che il dropout sia dovuto solo a cause ‘ormonali’ adolescenziali si sbaglia: in un recente sondaggio (Murphy, 2008) svolto su 5.800 atleti adolescenti che hanno smesso da poco di praticare sport, i cinque motivi più citati sono:
- Ho perso interesse;
- Non mi divertivo più;
- Mi portava via troppo tempo;
- L’allenatore era scadente;
- Avevo troppa pressione.
L’allenatore quindi c’entra eccome. C’entra in quanto educatore, prima ancora che come ‘supertecnico’. Infatti molte società sportive stanno affiancando gli allenatori ad uno psicologo dello sport (oltrechè a preparatore atletico e nutrizionista).
Ma quando l’allenatore ha una personalità che scivola verso i piani alti del narcisismo cosa succede? Ce lo spiega una ricerca del dicembre 2015: le modalità di allenamento passano da essere supportive, positive ed orientate a portare l’atleta verso una graduale autonomia e presa di responsabilità a direttive e controllanti. E questo implica, secondo una delle teorie motivazionali più accreditate (Self Determination Theory, Ryan e Deci – 2002), una motivazione allo sport di tipo estrinseco, basata cioè su ricompense e su di un bisogno continuo di riscontri da parte dell’atleta verso l’allenatore, con una dominante affettiva che vira verso emozioni negative quali ansia o frustrazione e verso comportamenti di evitamento.
Senza scendere troppo nel particolare possiamo intuire che un allenatore troppo narciso cerchi costante approvazione, successi personali, sia manipolatore, egocentrico, dominante e scarsamente empatico.
Ah, e per certo: un allenatore narcisista non sopporta le critiche!!
Conclusioni.
Fare di tutta l’erba un fascio è sempre sbagliato. Il narcisismo estremo esiste ed è nocivo nello sport come nella vita. Avere a che fare con allenatori narcisisti, genitori narcisisti, atleti narcisisti (aggiungerei anche dirigenti narcisisti) non è mai piacevole. Tuttavia prima di attribuire un’etichetta a qualcuno bisogna andarci cauti e lasciare il giudizio a chi è competente in materia (guarda caso, lo psicologo). Purtroppo la nostra tendenza a dare una collocazione a tutto rischia di farci prendere delle cantonate e di farci perdere delle opportunità di crescita anche da chi, pur avendo una personalità molto marcata, alla fine tiene veramente a noi.